Se guardiamo indietro

Per la rubrica settimanale “A proposito di donne”, ogni tanto ricevo qualche feedback di lettrici.
A proposito dell’articolo dell’11 aprile scorso “la donna (non) è (un) mobile”, Armanda mi mi ha scritto un lungo messaggio che riassumo:
“Oggi abbiamo parlato di medioevo. Cinquant’anni fa ne eravamo uscite, anche con l’aiuto degli uomini, non neghiamolo! Oggi la donna è ancora considerata un oggetto e la società dei consumi miete vittime nel quotidiano. Non possiamo permetterci sonni tranquilli”.
D’accordo con lei: niente sonni tranquilli. Ce lo conferma quella sorta di bollettino di guerra che scandisce le nostre giornate tra uno stupro, una violenza familiare e un femminicidio.
Il consumismo sfrenato ha convinto molti che tutto è merce, anche l’amore, i sentimenti, il sesso. Ma il consumismo si è andato a sommare ad un pensiero che è costante da secoli e secoli: il corpo della donna è sempre stato considerato un oggetto, tanto da identificare il mestiere più antico del mondo con la prostituzione femminile.
Pur se forse i fatti non cambiavano così radicalmente, per un decennio – quello tra i settanta e gli ottanta – la relazione tra i sessi sembrava meno irrisolta: le donne facevano grandi passi avanti, ottenevano leggi a loro tutela, maggior rispetto. Sembrava ci fosse una consapevolezza diversa. Anch’io ho passato adolescenza e prima giovinezza convinta che uomini e donne fossero a un passo dalla parità.
Ma Armanda continua e va più nello specifico: “Prima del divorzio le coppie si sfasciavano lo stesso, ma per la legge che non c’era, i due restavano incatenati e se nascevano figli dalle unioni nuove non potevano essere riconosciuti, e me lo ricordo benissimo, erano dei bastardi che si portavano addosso pene e sofferenze, e le nuove compagne erano “concubine”. Gli aborti erano numerosi, ma clandestini (parola sempre di moda) e quindi la donna benestante pagava fior di quattrini un ginecologo che la ripuliva, mentre la donna povera, la ragazza che agiva senza il sostegno della famiglia, o la madre che aveva già 3 figli, magari uno con handicap, andavano dalla mammana che le infilzava col ferro da calza. Benvenuta la legge a tutela della donna che affronta questo dramma!”.

Concordo con Armanda: le leggi – quella sul divorzio e quella sull’aborto – hanno reso meno doloroso e pericoloso uno dei percorsi più insidiosi della vita delle donne, quello legato ai sentimenti, al matrimonio, alla maternità. C’è chi dice che le donne si realizzino solo se mogli e madri e però invece di voler facilitare questa realizzazione, gli stessi vorrebbero smantellare quelle leggi che aiutano le donne a non essere in balia di una tradizione che le considera cittadine di seconda classe.
C’è da chiedersi se c’è stato un preciso piano per smantellare le conquiste sociali femminili attuato da uno strisciante pensiero patriarcale che voleva che tutto tornasse com’era, a cominciare proprio dal ruolo delle donne. E mentre si annientavano pian piano i progetti culturali a favore di brutta televisione commerciale, si affacciava una sorta di controrivoluzione per cui il potere delle donne non era l’unione virtuosa per ottenere giustizia e parità, ma la solita rivalità tra femmine per assicurarsi un posto accanto al maschio di potere. Il sottile e mefitico pensiero che sembrava superato e invece stava annidato nel cuore e nelle teste di uomini e donne italiani, faceva il suo sporco lavoro.
E ancora: le donne si saranno pure “montate la testa”, – quante volte l’abbiamo sentito dire!- e forse avranno strepitato e si saranno rivolte alla legge per ottenere anche di più di quanto spettasse loro nelle controversie familiari, ma hanno solo ripercorso la strada già segnata da uomini che avevano ottenuto benefici e privilegi di default per secoli, per il solo fatto di essere nati uomini.
Azzerare la trasmissione di cultura, annientare il senso di solidarietà umana, fare l’occhiolino alle forme di espressione maschili e femminili più deleterie: la prevaricazione, la violenza, potrebbe portare il paese – e in primis le donne – allo sfacelo.
Non so quali strade siano percorribili a questo punto: di sicuro battersi per mantenere le leggi che tutelano le donne e spiegare ai più giovani che il sessismo non li aiuterà a crescere in pace.
Vietato concedersi sonni tranquilli!