La vendita a prezzo negativo

La vendita a prezzo negativo.
Tra i contratti di vendita a prezzo irrisorio caratterizzati da un prezzo troppo basso rientra la categoria dei contratti di vendita a prezzo negativo, caratterizzati dalla circostanza che il venditore deve trasferire sia la proprietà che pagare il prezzo al compratore.
Il problema dell’ammissibilità di tali contratti è il fine che perseguono, ovvero se questo possa ritenersi conforme o meno all’ordinamento giuridico e dunque se la causa di tali contratti godrebbe di meritevolezza giuridica ai sensi dell’art. 1322 c.c..
Un altro aspetto problematico riguarda il tipo di imposte conseguenti a queste operazioni, per esempio nella vendita a prezzo irrisorio se un immobile viene venduto anche ad un euro la vendita si considera onerosa e come tale si applicherà la relativa imposta di registro; diversamente nel caso di vendita a prezzo negativo, occorrerà verificare se effettivamente il negozio sia riconducibile ad un atto di donazione e dunque sottoposto al relativo regime fiscale a titolo gratuito o se diversamente vi sia un vantaggio per il venditore da tale operazione tale da poter configurare un negozio a titolo oneroso.
In prima battuta per effettuare il “controllo” di meritevolezza occorrerà effettuare una indagine sulla causa del contratto, e dunque sarà opportuno esaminare l’ evoluzione della teoria della causa da un punto di vista sia dottrinale che giurisprudenziale.
La causa costituisce uno degli elementi essenziali del contratto a pena di nullità dello stesso, dal 1942 al 1960 la causa assolve alla funzione economico sociale astratta del contratto, cioè il contratto oltre ad avere un oggetto lecito e un contenuto logico-razionale, deve essere altresì un atto utile alla società e quindi posto a tutela di un interesse pubblico prevalente.
Tuttavia tale approccio della causa in un ottica di utilità economico e sociale mal si coniuga con i contratti atipici e la Cassazione per tale ragione abbondonò una tale prospettiva della causa già nel lontano 2006.
La pronuncia del 2006 della Suprema Corte di Cassazione pone in rilievo le criticità sollevate già dalla dottrina sulla teoria della causa ancorata alla funzione economico sociale del contratto; in primo luogo perché si imporrebbe con carattere autoritario sulla autonomia negoziale rimessa alle parti ; in secondo luogo ancorare ad un fine pubblicistico supremo la meritevolezza e la validità di tali negozi giuridici priverebbe le parti di volontà in merito a scelte corrispondenti a logiche di pura imprenditoria e dinamiche talvolta strettamente corrispondenti a logiche individualistiche (il contratto è un atto privato che corrisponde ad interessi privati degni comunque di tutela); .
Nel 2006 si segna dunque il passaggio da una teoria della causa collegata alla funzione economico sociale ad una teoria che la ancora alla funzione economico-individuale.
Il Principio ribadito dalla Cassazione nel 2006 venne successivamente ripreso in varie pronunce della Cassazione (vedi sentenze n.16315/2007,n. 6538/2010).
Quest’ultima sentenza n. 6538/2010 afferma un nuovo “concetto” di contratto a titolo oneroso; difatti risulterebbe oneroso non solo il contratto che prevede un corrispettivo bensì anche il contratto in cui non è previsto alcun corrispettivo ma un ritorno in termini di vantaggio indiretto (ad esempio la società holding che paga i debiti di una sua controllata lo fa per evitare il fallimento di quest’ultima a suo vantaggio).
Nei contratti tipici ed atipici ciò che rileva comunque è la volontà delle parti, dunque Il controllo di meritevolezza per i contratti tipici ed atipici risulta il medesimo.
L’art. 1322 del Codice Civile al comma 2 dispone espressamente che “ le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”. .
Lo stesso legislatore pone in assoluta tutela i contratti atipici purchè meritevoli di tutela, il tutto in perfetta aderenza con il dettato degli artt. 41 e 42 della Costituzione che tutelano l’ iniziativa economico privata, limitando l’autonomia delle parti solo al rispetto del principio di legalità.
In tale prospettiva la causa viene riconsiderata da un punto di vista economico individuale e dal 2006 dunque si sposta l’attenzione sullo scopo pratico che le parti intendono perseguire; in realtà già nel 96 e nel 98 i giudici della Suprema Corte di Cassazione affermavano che la teoria oggettiva della funzione economico e sociale non era appropriata se applicata a tali contratti, e che il contratto in realtà fosse da considerarsi nullo ogni qualvolta mancante della causa in concreto( cioè di un interesse concreto della parte).
Sempre la stessa Corte di Cassazione nel 2007 afferma che la causa non solo è un requisito genetico ma funzionale del contratto, ed in mancanza di essa il contratto si risolve ipso iure.
Già a partire dal 2010 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite suggerisce di far riferimento alla causa in concreto intesa come ragione pratica dell’affare sottesa al contratto; si conia in tal modo un nuovo concetto di onerosità, o meglio trattasi di gratuità vantaggiosa( o meglio il contratto non prevede un corrispettivo ma ha un suo vantaggio indiretto, e l’interesse perseguito sarebbe comunque ragionevolmente meritevole di tutela).
In tal maniera il parametro per il giudizio di meritevolezza è la liceità della causa ovvero la razionalità dell’affare( diversamente una causa illecita non godrebbe di alcuna meritevolezza ex 1322 c.c.).
Nel 2011 in linea con tale orientamento la Cassazione ritiene che i contratti gratuiti atipici siano ammissibili e che proprio per l’assenza di corrispettivo dovrebbero essere sottoposti ad un controllo rafforzato della causa (ad esempio la vendita senza prezzo o con prezzo simbolico potrebbe essere considerato un contratto atipico vantaggioso, e la vendita a prezzo vile diversamente potrebbe qualora la sproporzione non fosse sorretta da una causa adeguata essere considerata nulla).
Il giudizio di meritevolezza nel caso dei contratti tipici è svolto aprioristicamente dal legislatore, mentre per i contratti atipici va effettuato dal giudice; secondo la dottrina del Gazzoni tuttavia il giudizio di meritevolezza non può costituire una prerogativa del giudice perché troppo limitante per il principio di autonomia delle parti .
La dottrina di Gazzoni e Bianca predilige la teoria della funzione economico individuale o dello scopo pratico del contratto.
La valutazione a cui è chiamato il giudice per il giudizio di meritevolezza sia per quanto riguarda i contratti tipici che quelli atipici, va effettuata tenendo conto dei Principi dell’ordinamento nazionale, della Costituzione e dei Principi comunitari.
A proposito di vendita a prezzo negativo le Sezioni Unite si sono pronunciate recentemente sull’acquisto di swap da parte dei Comuni , in ossequio alla direttiva n. 34-2013 che ha imposto la rilevazione dei derivati nei bilanci delle imprese; inoltre poiché la legge n. 147 del 2013 ha sancito l’ammissibilità dei derivati da parte dei Comuni soltanto per fini di copertura e non per fini speculativi , gli stessi devono a pena di nullità(eccepibile solo dall’Ente) prevedere la clausola mark to mark indicare i costi, gli scenari e clausola up-front , soltanto in tal modo risultano validi ed efficaci e meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c..
La giurisprudenza per giustificare la vendita a prezzo negativo ha creato il negozio di vendita misto alla donazione, in cui il valore ad esempio dell’immobile è talmente basso che si intende regalato.
Tuttavia nonostante tale negozio sia ammissibile e tutela l’autonomia individuale di ciascuna parte, il contratto potrebbe generare problemi successori e fiscali.
Riguardo le imposte ed il conseguente rapporto con l’Agenzia delle Entrate, il rapporto di vendita fa riferimento al valore di mercato del bene per il calcolo della tassa di registro, ipotecaria e catastale(dunque se un bene immobile viene venduto ad un prezzo basso, l’imposta da versare all’erario sarà di conseguenza bassa sia per il compratore che per il venditore); viceversa nella donazione poiché l’imposta di registro viene calcolata sul valore catastale (stessa regola per la vendita tra privati non soggette ad iva ma ad imposta di registro) non ha più alcun valore il prezzo indicato dalle parti nel contratto di compravendita.
Da quanto emerge sopra dunque una vendita a prezzo simbolico potrebbe essere considerata evasione fiscale.
Riguardo infine i problemi successori, una negozio di vendita misto a donazione o un contratto di vendita a prezzo irrisorio tra parenti ad esempio, potrebbe compromettere gli eredi legittimari che potranno agire a loro tutela attraverso l’azione di simulazione o l’azione revocatoria nel termine di prescrizione di dieci anni dall’atto dispositivo che ha leso la loro quota di legittimari.