
Little Rock
Louis Armstrong partecipò al Festival di Sanremo del 1968 col brano in italiano “Mi va di cantare”, in coppia con la sua amica Lara Saint Paul. Siccome non conosceva nemmeno una parola d’italiano, cantò leggendo il testo scritto secondo la pronuncia anglofona (“ciao” era scritto “tchao”, “perché” era scritto “perkay” eccetera), con un effetto finale abbastanza esilarante. Tra l’altro Satchmo non aveva probabilmente capito che stava partecipando ad una gara canora, convinto invece di essere stato invitato come ospite d’onore. Dopo la sua esibizione restò quindi sul palco a godersi gli applausi e ad aspettare la richiesta del bis. Per far spazio al concorrente successivo dovette essere quasi portato via con la forza dal conduttore del festival.
La sua ultima incisione fu “We Have All the Time in the World”, colonna sonora di una serie di film di James Bond, incisa poco prima della morte e che ottenne un successo postumo.
Louis Armstrong fu criticato dalla comunità afroamericana per aver accettato il titolo di “Re degli Zulu”, come leader del “Carnevale Nero” di New Orleans, ruolo ritenuto però piuttosto offensivo e denigratorio. Criticato anche per non essersi impegnato pubblicamente contro le discriminazioni razziali, come avevano fatto altri personaggi pubblici dell’epoca. Come aveva fatto il pugile Cassius Clay (Muhammad Alì), che rinunciò a proseguire la sua travolgente carriera, pur di non prestare servizio nell’esercito americano; o come fecero i velocisti John Carlos e Tommie Smith che sul podio delle Olimpiadi in Messico del 1968 alzarono il pugno nel guanto nero – simbolo di “Black Power” – abbassando la testa durante l’inno americano, per protesta contro le ingiustizie patite dagli afroamericani in Patria.
Eppure Satchmo era sensibile al problema razziale, anche per via delle sue umili origini, ma preferiva lavorare silenziosamente dietro le quinte, senza mischiare gli ideali politici col lavoro. Il mondo dello spettacolo americano dell’epoca era peraltro molto settoriale, c’erano poche occasioni di mescolare artisti bianchi e neri: a parte il mondo musicale, ragtime e jazz, in cui gli artisti neri spopolavano, l’”entertainment” produceva spettacoli destinati al solo pubblico bianco, in cui i problemi razziali non venivano nemmeno accennati. Pensiamo alle testimonianze che conosciamo di quell’epoca, alla serie di “Happy Days” o a film come “American Graffiti” o “Grease”, ambientati nella società americana degli anni ’50 ma con personaggi esclusivamente bianchi.
Armstrong era in realtà un importante sostenitore finanziario di Martin Luther King e di altri attivisti per i diritti civili. Espresse anche pubblicamente le proprie idee, come quando esortò il presidente Dwight Eisenhower a intervenire nella crisi a Little Rock del 1957 allorché a nove studenti afroamericani non fu permesso di entrare a scuola per il colore della pelle. Tre anni prima, nel 1954, la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva dichiarato incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole. Ma a Little Rock, la capitale dell’Arkansas, non accettarono quella sentenza e diversi comitati segregazionisti della città protestarono contro la Central High School quando iscrisse gli studenti neri. Nel settembre 1957 a questi studenti fu impedito fisicamente di entrare nella scuola, col governatore dello Stato che schierò addirittura la Guardia Nazionale dell’Arkansas a sostegno dei segregazionisti. Quei soldati che bloccavano l’accesso a scuola degli studenti riempì le cronache nazionali, suscitando l’indignazione di Armstrong. Solo quando alla fine intervenne il presidente Eisenhower, esautorando il governatore e sostituendo la Guardia dell’Arkansas con truppe dell’esercito federale, solo allora i nove ragazzi poterono finalmente frequentare il liceo.
Non fu quella l’unica crisi tra segregazionisti e movimenti per i diritti degli afroamericani, in quegli anni. Nel dicembre 1955, a Montgomery, in Alabama, Rosa Parks stava tornando a casa in autobus dopo una faticosa giornata di lavoro. Non trovando posti liberi nel settore riservato ai neri, occupò un sedile nel settore dei posti “misti”, che però i neri dovevano cedere ai bianchi qualora non vi fossero più posti tra quelli riservati ai bianchi. Dopo tre fermate salì un passeggero bianco e, non essendoci più posti liberi tra quelli dei bianchi, fu chiesto a Rosa di alzarsi e cedere il posto al nuovo arrivato.
(2 – Continua)